La famiglia tatuata sul braccio, il legame con il Bari e l’amore per la cucina ascolana: è “Occidentali’s…Guarna”, il portiere acchiappasogni del Foggia

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Ha la manica del maglione nero sollevata fino al gomito. Impossibile non notare il tatuaggio che copre praticamente tutto il braccio. Più soggetti raffigurati sulla pelle, tanti punti di riferimento dei quali non si può fare a meno: “Qui c’è tutta la mia vita. C’è mia moglie, uno scorcio di Ascoli, ci sono i miei due bambini e sopra, a vegliare su tutto, c’è una sorta di protezione. E’ il disegno di un acchiappasogni”. Un cerchio di legno e una trama di fili e perline, il ciclo della vita e una rete che serve – dicono – a trattenere e a respingere gli incubi.

E di respinte, in effetti, lui se ne intende parecchio. Enrico Guarna dall’estate scorsa è il portiere del Foggia, capolista del girone meridionale della Lega Pro, la squadra con la miglior difesa del torneo. Guarna non prende gol da 463’, è il suo personale record di imbattibilità (in precedenza, a Bari, nella stagione 2013-2014 non subì reti per poco più di quattro partite consecutive): “Vi giuro che se prendo gol domenica, non mi vedete più in sala stampa – racconta in esclusiva a Gianlucadimarzio.com – perché per adesso non voglio sentir parlare di record di imbattibilità”. Scherza Guarna, ma neanche tanto, concentrato com’è sull’obiettivo che tutta la città di Foggia sogna di centrare: “Qui sto bene, perché sta bene la mia famiglia. Io ci metto poco ad ambientarmi, per me è importante che si adattino subito loro. E se stanno bene loro, per me è perfetto”. Unico neo del suo adattamento in rossonero, probabilmente, il dialetto, testato – con qualche difficoltà di troppo – nello spot natalizio del Foggia, in cui era alle prese con un capitone: “U’ ca-p-t-‘n”. Un primo splendido ma traumatico Natale passato con la famiglia rossonera.

Si, a quattordici anni ero già a Locri. Due anni dopo, mi spostavo ad Ascoli, nel settore giovanile bianconero. E da lì ho cominciato…”. Famiglia-calcio, binomio indissolubile sulla strada di Guarna. Le due cose che contano di più in assoluto: “Sono papà di due figli e Andrea, il più piccolo, nacque mentre io ero in campo. Giocavo nel Bari, stavo rifinendo il riscaldamento sul campo del Carpi. Al rientro negli spogliatoi, poco prima del fischio d’inizio, scoprivo che ero diventato papà per la seconda volta”.

Era il 13 maggio del 2014, quella partita il suo Bari la vinse, prolungando un sogno promozione che alla fine, però, non si avverò. E due anni dopo, arrivò il divorzio dai biancorossi: “Quella passata, l’ultima a Bari, è stata un’annata particolare per me. Uno sfortunato episodio mi ha condannato (papera con la complicità di Donkor, in un Bari-Crotone terminata 2-3, ndr), ma non c’è problema. Mi sono assunto le responsabilità e sono andato avanti, del resto ognuno ha il suo percorso. Bari è stata una tappa molto importante per me, mi hanno dato la possibilità di giocare dinanzi a sessantamila persone, e di coltivare tante amicizie che ancora ho. In molti, da Bari, vengono a trovarmi spesso qui a Foggia”. Guarna sostiene di non avere miti, non vuol parlare di idoli. Ma questa è la piazza dove è nata e cresciuta la leggenda di Franco Mancini, un illustre collega: “Me lo ricordo Mancini, ho avuto la fortuna di incrociarlo come avversario in un Ascoli-Pescara. Lui non giocava già più, io lo vidi in panchina, era accanto a Zeman. Faceva il preparatore dei portieri. Morì poche settimane dopo, nello stesso periodo in cui ci lasciò Morosini. Qua a Foggia, come è giusto che sia, Mancini è nel cuore di tutti”.

Oltre che tra i pali, pare che Guarna stia perfettamente a suo agio anche in cucina, ai fornelli: “Si, so cucinare, anche se mia moglie è molto più brava di me. Ma ad Ascoli, quando lei lavorava, spesso toccava a me preparare la cena. E mi piaceva. Le mezze maniche alla norcina sono il top per me, segno che sono diventato praticamente ascolano”.

Ora Guarna è a Foggia, però. E vuole centrare l’unico obiettivo che, come dice lui, renderebbe positiva questa stagione. Sembra sincero quando dice che dell’imbattibilità non gli interessa granché, ora il suo sogno è un altro. Mancano sette giornate, e se l’acchiappasogni del suo tatuaggio è d’accordo…

Fonte – Gianlucadimarzio.com

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