IL CASO ARBITRALE: «È legato al Lecco». C’è l’interrogazione parlamentare. Una scelta nata male e finita peggio, dopo una partita piena di errori: il Foggia urla di rabbia. Tra class action e interrogazione parlamentare, l’imbarazzo dell’AIA.
La comunità dei foggiani sparsi per il Belpaese deve delle scuse, pubbliche e sentite, ad almeno quattro signori Bonacina, in qualche modo residenti o legati alla città di Lecco, semplicemente omonimi dell’arbitro Kevin Bonacina, 36 anni, della sezione di Bergamo, fischietto designato dalla CAN di serie C (tra i componenti gli ex arbitri Ayroldi e Rodomonti) per la finale playoff , gara uno, di martedì scorso, allo Zaccheria. Il Bonacina originale, l’arbitro per intendersi al volo, è stato protagonista di un paio di fischi ostili che hanno orientato il risultato (2 a 1 per i lombardi) e mandato in sbattimento una comunità intera, quella foggiana. Durante la ripresa (risultato 1 a 1) Bonacina ha dapprima annullato un gol di Ogunseye per sospetta spintarella su un difensore del Lecco e poi sorvolato su una spinta, questa volta vistosa, a porta vuota, sul fianco di Frigerio nel mentre colpiva di testa la palla finita fuori. Si dirà: può succedere. Certo. Trattasi di errori, marchiani, anche se nell’occasione grazie al contributo del VAR (designato nell’occasione il pugliese Nasca, sezione di Bari) almeno il secondo episodio avrebbe dovuto e potuto essere rivisto al video. Ma lo sviluppo singolare della vicenda è che incolpevoli cittadini di cognome Bonacina sono stati raggiunti da critiche severe e qualche insulto perché sospettati di essere familiari dell’arbitro. È successo a un metalmeccanico di Lecco, al proprietario di una pizzeria, a un giovane collega di TeleLecco che pure aveva censurato la designazione temendone l’effetto opposto e infine a un ex calciatore della primavera del Lecco sospettato d’essere addirittura un nipote del fischietto bergamasco (“ma chi lo conosce…”). Se le scuse foggiane ai Bonacina coinvolti a loro insaputa sono dovute, sarebbe indispensabile anche un cambio di metodologia in vista di gara due, in programma domenica 18 giugno a Lecco dove, per via della ridotta capienza (5 mila posti) dello stadio Rigamonti-Ceppi, molti tifosi foggiani sono rimasti tra l’altro senza biglietto. Se il presidente Marani, che è uomo di tv e di comunicazione, ha ottenuto per i playoff di Lega Pro l’uso del VAR, beh allora è cosa buona e giusta utilizzarlo nel rispetto del protocollo e non procedere invece al suo “disarmo silenzioso” già denunciato nella parte finale del campionato di serie A (Franco Ordine)
La designazione di Kevin Bonacina, 29 anni (anche l’età ha un peso) come arbitro della finale di andata dei playoff di Serie C fra Foggia e Lecco ha lasciato molte polemiche, diversi imbarazzi (anche all’interno dell’AIA stessa), mille storie (molte fantasiose per quanto pittoresche) e una verità: non doveva essere designato per quella partita. Questione soprattutto di buonsenso (non è forse la regola nº 18, la prima che ti insegnano al corso arbitri?), di lungimiranza, di opportunità. Del direttore di gara, certo, che forse avrebbe potuto mettere maggiore oculatezza di chi lo ha designato, Maurizio Ciampi. Perché mille e un motivo suggerivano di fare altre scelte, magari affidargli una semifinale di ritorno, proprio per questa sua provenienza. Bonacina è della sezione di Bergamo, ma abita a Cisano Bergamasco che – navigatore alla mano – dista 15 km dal centro di Lecco e dallo stadio Rigamonti-Ceppi, attraverso la SS639, dove domenica pomeriggio si giocherà la partita di ritorno. Un particolare non secondario, come vedremo, perché questa storia ha dei connotati grotteschi. Polemiche che hanno portato ad un’interrogazione parlamentare, volta ad «acquisire e conoscere, per quanto di competenza del Ministro dello Sport, gli atti relativi alle scelte operate nella designazione del direttore di gara, e dei controllori designati alla gestione della sala VAR». Non solo, ma anche i tifosi si stanno muovendo, l’intenzione è una class action. Vedremo
QUESTIONE TECNICA. Non è – Kevin Bonacina – un arbitro pronto ad arrivare in serie A/B dopo soli due anni di CAN Pro, in pochi ci sono riusciti dopo appena due stagioni, il primo fu Matteo Trefoloni, attuale presidente del Settore Tecnico, lo promosse Maurizio Mattei, un talento che si rovinò strada facendo (fino ad arrivare a Calciopoli, inchiesta dalla quale è uscito pulito ma con quel certificato richiesto per evitare la griglia di Roma-Juve). Un buon arbitro, con alcune potenzialità, ma non pronto per il salto. La politica, si sa, fa più danni della grandine, chi segue le vicende-Aia non faticherà a comporre i pezzi del puzzle che muove dal tassello centrale: è un arbitro lombardo…. A Foggia, martedì, la sua partita è stata disarmante, senza un metro tecnico lineare, carente dal punto di vista disciplinare e comportamentale. Gli episodi lo inchiodano: detto del mancato giallo (chiaro) per Tordini (in ritardo su Costa, minuto 26), tutto nasce dalla mancata punizione per una spinta (non clamorosa ma sostanziale, c’è) di Zambataro su Bjarkason, dalla quale nascerà l’angolo dell’1-1. A quel punto, se il metro è stabilito, tutto deve essere lineare, di conseguenza: ed invece, al 4’ della ripresa, viene annullata una rete a Ogunseye per uno scherzo (sulla chat della commissione di Ciampi è stato scritto: «Spinta a due mani, ok fallo per noi», ma è come credere agli asini che volano), semplicemente perché non c’è alcuna spinta, ma al massimo un appoggio. A maggior ragione se paragonato all’episodio della mancata punizione. Ancora: se è fallo, allora pochi minuti dopo, Lepore che va su Frigerio, più lesto a provare a prendere una respinta sbagliata del portiere del Lecco, è due volte rigore. Non sufficiente, come il VAR, Nasca, che è pugliese ma di Bari.
CHE VOTO. Il problema – e su questo dovrebbe meditare il presidente dell’AIA, Pacifici, che sta per affrontare le nomine per la prossima stagione (inizio luglio): faccia attenzione a scegliere bene fra chi ha lavorato al top e chi no – è il voto che è stato dato a Bonacina: un giudizio molto alto, quasi sotto il massimo che si dà ad un arbitro (solitamente 8.70). Allo Zaccheria c’era tutto lo stato maggiore della CAN Pro: il designatore Ciampi, due dei suoi vice, ovvero Nicola Ayroldi e Pasquale Rodomonti, quest’ultimo con funzioni di OT ufficiale, più l’osservatore (Gemignani, ex assistente di serie A). Nessuno ha visto?
INCONGRUENZE. C’è poi un retroscena che ne contiene un altro. Solitamente, le due finali playoff vengono fatte dirigere ai primi due arbitri in graduatoria: Bonacina è il secondo, al primo posto Di Marco (terzo, clamorosamente, Collu, che fino a prima dei playoff era fuori dal lotto di quelli che hanno fatto il corso VAR propedeutico peraff rontare la fase finale ma che ha fatto un balzo in avanti clamoroso grazie ad un 8.70, facendo fuori Francesco Carrione di Castellammare di Stabia; al quarto posto Tremolada, forse il più arbitro di tutti, e al quinto Monaldi). Ebbene, all’inizio qualcuno aveva ipotizzato di fare dirigere addirittura il ritorno a Bonacina e l’andata a Di Marco. E’ stata fatta anche una call straordinaria, proprio perché non tutti i componenti della Can Pro erano d’accordo non solo su questa designazione (praticamente avrebbe arbitrato dentro casa sua la gara decisiva) ma proprio sull’opportunità di affidargli una gara del Lecco. D’altronde, non lo aveva mai diretto – di fatto una preclusione occulta – se non una volta come quarto uomo in Lecco-Pordenone (diretta da Cavaliere di Paola).
TERRITORIALITA’. Dicevamo, 15 km da Lecco, che è in pratica la sua città. Perché lì è nato, perché li frequenta amici e quant’altro. Dai social è spuntata anche una foto (fake?) di un raduno della Lega (di Salvini) a Lecco dove qualcuno ha provveduto a cerchiare di rosso non solo Kevin, ma anche suo papà. Insomma, solo per dire che Kevin Bonacina è intessuto nello strato sociale di Lecco e questo avrebbe dovuto avere un peso nella scelta per la gara di Foggia. Sì, è vero, e l’AIA sta cercando di sminare la “territorialità” come preclusione, per cui Orsato di Schio arbitra il Verona (con 206 gare e rotte di A alle spalle), Irrati di Pistoia arbitra(va) la Fiorentina (151 in A), Marinelli di Tivoli la Lazio e la Roma, Sozza di Seregno il Milan e l’Inter. Ok, ma parliamo di chi? Di arbitri strutturati, di due (più uno, ormai ex) internazionali, diuno che ci è andato vicino tanto da risultare nella TopTen dell’ultima serie A. Inutile fare paragoni, si farebbe solo il male dell’arbitro. Eppoi, Rocchi si è posto mille problemi prima di mandare Marinelli a dirigere una partita della Roma e non se li fanno gli altri?
DANNO DOPPIO. A questo punto, tutto poggerà sulle spalle di Di Marco, arbitro di Ciampi(no), che si troverà domenica a dover dirigere una partita che – per colpe non sue – è diventata difficilissima. Da Foggia s’è scatenata la caccia a Kevin Bonacina, prendendo di mira un collega (Matteo Bonacina, direttore di LCN Sport Lecco), un metalmeccanico che ha identici nome e cognome («Ragazzi non faccio l’arbitro! Sono un metalmeccanico. Mi dispiace per il Foggia ma non sono io oh!»), un ragazzo che ha giocato nella Primavera del Lecco ma che non ha gradi di parentela con l’arbitro. Insomma, un ambiente intossicato. Non solo per colpa dei social….(Edmondo Pinna)
Fonte – Corrieredellosport.it